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Storia del Basso Cusio

L'emigrazione

L'emigrazione rappresentò l'inevitabile compensazione, sia di un'agricoltura povera e in via di dissoluzione, sia di cicli d'industrializzazione che si esaurivano nel volgere di qualche decennio e non riuscivano a formare una solida e stabile struttura produttiva. Con l'emigrazione, il Lago d'Orta, come le vicine aree della Valsesia, del Verbano e del Vergante, ritagliava il proprio posto in un antico sistema di scambi economici e in un mercato del lavoro che, dall'arco alpino, si proiettava, incurante dei confini politici, in una direzione, verso l'Europa e in un'altra verso la Pianura Padana, diramandosi fino a Roma.

Specializzazioni e destinazioni di questi remoti flussi migratori sono note. Cercavano lavoro fuori del paese i calzolai e i carbonai di Artò. I peltrai di Pogno raggiungevano la Germania, mentre gli osti di Pogno, Pella, Boleto, Isola di San Giulio e San Maurizio si recavano in Spagna, a Milano, a Roma.

L'emigrazione tradizionale era sostenuta dall'appoggio e dalla solidarietà dei compaesani che avevano raggiunto in precedenza i centri di destinazione dei flussi. Il loro apporto poteva essere utile nei momenti di difficoltà, per trovare lavoro, per l'acquisto delle materie prime, per inserirsi nel tessuto di relazioni sociali e negli spazi di mercato ivi esistenti.

In ogni caso, la consistenza di quest'emigrazione preunitaria non va esagerata, perché era condizionata da un popolamento limitato, da un'economia preindustriale e di conseguenza, da una domanda e da consumi che restavano scarsi e ristretti anche per prodotti e servizi non di lusso.

Il periodo lontano da casa poteva variare da una decina di mesi, per l'emigrazione stagionale, a uno o più anni per le destinazioni più lontane dell'emigrazione temporanea. Milano era una delle destinazioni più importanti dell'emigrazione preunitaria. I legami con la terra lombarda erano di antica data e riprova di questa stretta unione, basta ricordare che trascorsi molti anni dall'arrivo dei Savoia, a San Maurizio veniva usata la moneta milanese e la stessa comunità nel 1825 effettuò pagamenti con questa moneta.

L'emigrazione svolse quindi una funzione importantissima nel percorso esistenziale degli abitanti della Riviera. Seppure causato dalla scarsità delle risorse, l'espatrio non necessariamente riguardava i più poveri della comunità, anzi l'allontanamento da casa richiedeva doti di perspicacia e d'abilità, spirito d'adattamento, intraprendenza e a volte una minima base finanziaria.

Si trattava di raggiungere paesi lontani, parlare lingue straniere, conoscere abitudini diverse, conseguire una specifica professionalità, insomma bisognava disegnarsi un progetto di vita faticoso e complesso.
Per questi motivi l'esperienza migratoria iniziava da giovanissimi, prima del raggiungimento dell'età del servizio di leva. Si rendeva necessario, in questo caso, il versamento di una cauzione per ottenere l'autorizzazione ad oltrepassare i confini del regno.

Le correnti migratorie rimasero consistenti anche all'inizio del 1900. Si trattava di una nutrita emigrazione stagionale che si concludeva con il rientro ai rigori dell'inverno.

Importanti giacimenti di granito si trovavano in Europa, nella Foresta Nera, in quella Bavarese, nei Vosgi e in America settentrionale. Le principali mete degli scalpellini furono dunque Barre, nello stato nordamericano del Vermont; la Svizzera; Waldhum, Obrchih, Forbach, Bulhertal, in Germania, infine la Francia e l'Egitto.
Tra le altre categorie di operai emigranti troviamo i calzolai, che s'indirizzavano verso Losanna, e le squadre di mondine che da San Maurizio si recavano a San Pietro Mosezzo (1), senza ovviamente dimenticare i peltrai già ampiamente documentati.

Quanto esposto traccia in maniera molto limpida la povertà di questi centri cusiani fino agli inizi del secolo, l'unica forma di sussistenza che meglio poteva garantire un minimo di successo era l'emigrazione stagionale in paesi più sviluppati e più industrializzati.
Si stava però cullando all'interno di questi centri quel know-how che presto avrebbe portato alla nascita del più importante distretto industriale della rubinetteria di tutta Italia.

(1) Cfr. "L'Aurora", 1 agosto 1907; 25 dicembre 1909; 20 agosto 1910; "Il Lavoratore", 24 agosto 1907 e 28 novembre 1908; M.Bonini, A.Fantoni, Raccolta di canti popolari del Cusio, "Lo Strona", 2 (1977), pag.23.

Giorni e orari di apertura

Aperto dal 1 aprile al 30 novembre, da venerdì a domenica dalle 15:00 alle 18:00

Per informazioni: 0323.89622

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